Senza contesto i numeri sono solo numeri. E dei numeri ne abbiamo anche troppi al punto che non riusciamo a darne un senso compiuto.
In ogni ambiente, fisico, digitale, sociale. Sia che essi siano numeri grezzi o numeri elaborati, indici, punteggi, metriche.
Il numero di amici, di fan, di follower.
Ma anche il nostro indice di Impatto calcolato con Twitalyzer, il nostro Klout Score , il Social media score di Ogilvy. Il numero di visite, visitatori e pagine viste per un sito web il numero di acquisti, clienti, ordini per un sito di e-commerce Quello che ci interessa è capire il contesto.
In senso spaziale e temporale. Orizzontale e verticale. Noi, con i nostri numeri rispetto al mondo (ai nostri concorrenti, ai nostri partner, ai nostri ) e rispetto a noi stessi nel tempo.
Non ci interessa tanto quanto sono i numeri se da questi non possiamo trarre utili indicazioni che ci portano a prendere decisioni e che ci inducono a fare determinate azioni.
- Come sono cambiati o stanno cambiando i nostri numeri nel tempo?
- Cosa abbiamo fatto che ha portato a questi cambiamenti?
- Come e cosa potremmo fare per migliorare le tendenze?
Uno degli insegnamenti base di Avinash Kaushik nell’interpretazione delle metriche è proprio quello di aggiungere il contesto (leggete questi post su Google Analytics – i primi 4 passi e quache passo in più e consultate i documenti incorporati).
I numeri assoluti di per sè non dicono nulla. Acquistano senso e valore quando li confrontiamo, li segmentiamo, li associamo ad un determinato contesto.
Qui e ora non basta per capire. Non ci bastano le foto, ma le sequenze per ricostruire tutto il film. Tutto questo è molto meglio spiegato da Jim Sterne in questo post su Econsultancy. Metriche arricchite con contesto, pertinenti, rilevanti, specifiche, dettagliate. Questo è ciò di cui i Marketer hanno bisogno. Questione di metodo, disciplina, cultura dell’analisi dei dati. Purtroppo in Italia ancora in gran parte assente.
Se cliccate sull’immagine leggerete un ottimo post di JuiceAnalytics.
Ciao Leonardo,
concordo pienamente con il tuo post e volevo condividere con te la mia esperienza: in questi ultimi mesi ho lavorato proprio ad un modello di misurazione per valutare i risultati delle attività di social media marketing in un contesto multinazionale dove gli universi di riferimento (non solo i social network presidiati ma anche i mercati stessi) hanno caratteristiche peculiari per ogni sussidiaria.
L’aspetto interessante di questo lavoro è stato proprio quello di riuscire ad identificare, prima ancora delle metriche di successo e degli strumenti di misurazione da implementare, i contesti più opportuni per effettuare dei confronti sensati anche tra sussidiarie diverse e che nel tempo rimanessero validi.
Come ribadisci nel tuo post, per poter ottenere risultati concreti da qualsiasi attività di business intelligence, c’è bisogno di applicare in primis un metodo di valutazione dei valori che ogni strumento è in grado di fornirci, e quando parliamo di social media gli strumenti a disposizione sono davvero illimitati.
A mio parere però parte del problema culturale che stiamo vivendo è dovuto al fatto che molte aziende lavorano a compartimenti stagni e chi si occupa di web non ha sempre avuto modo di confrontarsi con discipline diverse (dal marketing strategico alle ricerche di mercato…).
Personalmente credo che una maggiore contaminazioni tra professionalità potrebbe aiutare una più rapida diffusione della cultura dell’analisi e dell’utilizzo dei dati web in azienda, tu che ne pensi?
A presto, Daniela.
Ciao Daniela, grazie del tuo commento e della tua analisi; hai toccato un punto chiave: molto spesso chi si occupa di marketing o di business intelligence non sempre, anzi difficilmente, ha modo di confrontarsi con chi si occupa di marketing strategico o anche di prodotto, operativo, per non parlare degli altri dipartimenti o funzioni aziendali.
Che fare per ovviare a questa situazione? Certamente prima di riuscire ad abbattere i muri che purtroppo ci sono in azienda tra strutture, ruoli e dipartimenti, io propongo di organizzare task-force, gruppi di lavoro interdisciplinari, brainstorming e sessioni informative e di scambio trasversali, insomma favorire lo scambio e la contaminazione “Social”anche all’interno dell’azienda o all’esterno della singola sussidiaria, se si tratta di una multinazionale.. Lo possiamo cambiare in molti modi: enterprise 2.0, Employee community management, e gli esempi di cosa possono fare le aziende lavorando in questo modo, lasciando spazio alle iniziative dei HERO (Higly Empowered and Resourceful employee), come sono chiamati in Empowered!..